Parkinson previsto 30 anni prima in base a debolezza muscolare

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 11 aprile 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Anche se nella didattica della patologia responsabile dei quadri clinici che si comprendono nella definizione nosografica di malattia di Parkinson si focalizza principalmente l’attenzione sulla degenerazione nigro-striatale e, in particolare, sulla perdita delle popolazioni neuroniche dopaminergiche della pars compacta della substantia nigra mesencefalica di Sömmering, è risaputo che le sindromi cliniche riportabili alla tipologia della “paralisi agitante” descritta per primo da James Parkinson hanno una base patologica estesa e complessa. Lo studio della biologia molecolare delle forme ereditarie sta chiarendo molti aspetti relativi allo sviluppo e alla progressione della malattia[1], ma sta anche contribuendo ad evidenziare eterogeneità e differenze fra forme di parkinsonismi, per altri versi evidenti anche all’indagine epidemiologica.

Secondo alcuni ricercatori la degenerazione nigro-striatale, che diventa sintomatica solo quando è degenerata la maggior parte dei neuroni dopaminergici mesencefalici, in molti casi sarebbe l’ultimo stadio di una condizione che presenterebbe altri parametri alterati fin dall’età giovanile. Secondo tale tesi, dovrebbe essere possibile rivelare meiopragie, indici di alterazioni funzionali o difetti nelle età precoci della vita. Se una tale supposizione si rivelasse corretta ed applicabile a tutti quei casi nei quali l’espressione clinica della patologia richiede l’intervento determinante di fattori ambientali in grado di precipitare la patogenesi del danno, identificando i portatori in età giovanile, si potrebbe esercitare una prevenzione secondaria circa le concause ambientali.

Uno studio realizzato sulla base di tali ipotesi e criteri è stato condotto da Gustafsson e colleghi, basandosi sulla valutazione della forza muscolare isometrica massimale all’età di circa 18 anni, in rapporto alla probabilità di sviluppo di malattia di Parkinson in età avanzata. Il campione era composto da 1.317.713 uomini la cui forza muscolare era stata misurata durante le visite per la chiamata di leva militare fra il 1969 e il 1996 (Gustafsson H., et al., Low muscle strenght in late adolescence and Parkinson’s disease later in life. Neurology – Epub before print 2015 Apr 3.pii:10.1212/WNL0000000000001534, 2015).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Geriatrics and Rehabilitation Medicine, Department of community Medicine and Rehabilitation, Clinical Neuroscience, Department od Pharmacology and clinical Neuroscience, and Occupational and Environmental Medicine, Department of Public Health and Clinical Medicine, Umeå University (Svezia).

Impiegando modelli multivariati di analisi statistica, gli autori dello studio hanno posto in relazione le misure, rilevate in poco meno di trent’anni, di forza muscolare isometrica massimale di 1.317.713 giovani, con lo sviluppo di malattia di Parkinson da parte loro o dei loro genitori. Dopo le procedure di correzione di errore, il più basso grado di forza (comparato con il quinto più elevato) nella stretta della mano e nella flessione del gomito, ma non la forza di estensione del ginocchio, era associato ad un più elevato rischio di malattia di Parkinson durante la verifica di follow-up.

Si è anche registrato che gli uomini i cui genitori (madre o padre) avevano ricevuto una diagnosi di malattia di Parkinson, all’epoca della valutazione avevano fatto registrare minore forza nella mano e nel braccio (sempre: stretta di mano e flessione del gomito) ma non nella forza di estensione della gamba sulla coscia, col movimento dell’articolazione del ginocchio.

Dai dati, che si invita a consultare leggendo l’articolo originale, si può concludere che la forza massimale della muscolatura scheletrica striata (c. d. volontaria) degli arti superiori era ridotta nella tarda adolescenza di uomini diagnosticati di malattia di Parkinson circa 30 anni dopo.

Tali dati indicano la presenza di deficit motori subclinici tre decadi prima dell’insorgenza della malattia e suggeriscono un approfondimento sperimentale per un possibile impiego di valutazioni di screening a scopo profilattico.

 

L’autore della nota invita alla lettura delle numerose recensioni di studi sulla malattia di Parkinson che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-11 aprile 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Un interessante studio ha esplorato, come fattori determinanti la progressione della malattia, aspetti che spiegherebbero le differenze fra diversi gruppi di etnia ebraica: Orley Y., et al., Parkinsonism & Related Disorders – Epub ahead of print http://dx.doi.org/10.1016/j.parkreldis.2014.10.009; recentemente è stato anche evidenziato un rapporto fra Alzheimer e Parkinson al locus MAPT: Desikan R. S., et al., Molecular Psychiatry 2015/doi: 1038/mp.2015.6.